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Speranza, Credenza e Religione

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Una Riflessione a mio avviso molto stimolante che nasce da uno scambio di mail con una preziosa amica che, come si suol dire, lancia il sasso con queste parole che riporto in corsivo:

"La speranza non effimera è un trampolino di lancio verso la crescita mentale e spirituale di un individuo, uno dei tanti ingredienti atti a “nutrire”appunto, spesso l’esaurimento di questo scintilla può permettere ad una lucida follia d’intromettersi e spingere una persona a porre fine alla propria esistenza come unica soluzione. Il credere può considerarsi a volte la conseguenza dell’applicazione della speranza, anzi è probabilmente il risultato in certi casi. Il credere al netto delle religioni è uno studio approfondito di se stessi  passato attraverso le molteplici tempeste della vita, non bisogna dimenticare che, per comprendere il valore delle tue opinioni devi essere solo o quantomeno ritenere di esserlo, senza pensare di poterti  appoggiare a qualcuno o qualcosa."

Io "credo" che sperare in qualcosa significa credere in qualcosa. La speranza però può rimane tale solo finché essa non si compie e, andando ancora più a fondo, tutto questo potrebbe assomigliare in qualche maniera al gioco che da tempo perpetrano molte religioni (tra cui quella Cattolica). Il fatto che esista una speranza per la nascita di un "Messia" porta a credere fermamente in questa figura mistica; però, se questa speranza messianica dovesse concretizzarsi in una dimensione reale, la speranza non avrebbe più alcun senso di esistere, perché acquisirebbe, per così dire, una dimensione tangibile e di conseguenza cederebbe anche la credenza stessa avendo con essa un rapporto di tipo mutualistico. E' solo sostando in una dimensione puramente magica (Bibbia, Corano, Testi sacri ecc.) che è possibile alimentare il fuoco della fiducia. Pavese aveva ragione: anche il non credere è una speranza di una "non esistenza"; se mai un Messia dovesse annunciarsi cesserebbe tutto perché la dimensione in questione acquisterebbe un senso reale e incommensurabilmente concreto e la negazione, di conseguenza, inevitabilmente, si sfalderebbe. Seguendo questo filo logico possiamo dedurre che la credenza è associata all'astrazione, alla magia. Quindi il vero "ateismo" non è altro che la realtà stessa (in quanto antietetica al misticismo); ma quest'ultima è mutevole: sappiamo benissimo che non esiste una realtà univoca (in base al paradigma Relativista), ma ne esistono tante quanti sono gli individui senzienti che popolano questo mondo (ovvero l'uomo). Una moltitudine di "non credenze" quindi? Io propendo per il fatto che la realtà soggettiva di ognuno di noi sia di per sé stessa "magica", cangiante, ermeneutica, relativa e quindi potenzialmente portatrice di una forma prototipica di credenza. Ne derivebbe quindi un'impossibilità di non credenza. Uso la doppia negazione non per sofismo ma per cercare di rendere il concetto più funzionale allo scopo di partenza. Quindi la speranza è credenza ma, ancor prima, la realtà è credenza - e cercare di sfuggire ad un qualsiasi tipo di credo (sia esso religioso o agnostico) è di per sé impossibile.

"Un uomo nella realtà della sua esistenza spera di realizzare un desiderio per migliorare se stesso, la speranza si concretizza perché l’uomo ha creduto e a avuto ragione nel farlo. A questo punto la speranza si rafforza e si prepara a realizzare un nuovo desiderio. Nella religione questo non può accadere, poiché in quel caso,  la speranza si annullerebbe di fronte al raggiungimento del desiderio più ambito e ora che l’oggetto desiderato è reale, non c’è nient’altro da ottenere ne’ sperando o credendo"

Questa è per l'appunto la differenza tra una speranza mistica più collettiva e una speranza reale, più individuale. Un traguardo religioso è impossibile, lo sanno i capi religiosi di tutto il mondo, lo sanno i credenti, lo sanno tutti, eppure c'è questa speranza che può essere simboleggiata con questo fuoco che brucia e che continuamente deve essere alimentato per non essere spento. Se questo fuoco fatuo si "concretizzasse", si cristallizzasse in qualcosa, non ci sarebbe più bisogno di nutrirlo ma esaurirebbe la sua energia, nessuno si concentrerebbe più su questo e i legami tra i fratelli - tutti orientati al mantenimento di questo fuoco - si sfalderebbero. A proposito di religione Freud ci parla proprio di questi divieti: il legame tra fratelli è così forte proprio perché tutti debbono sottostare ad un capo supremo (Dio, la Bibbia o chi per loro) e condividono tutti gli stessi divieti, la stessa sottomissione. Ad esempio l'imposizione del celibato nei preti non è altro che un modo per accumunarli e far sì che loro si identifichino l'un l'altro sotto l'egida di questo divieto. Una speranza "privata" invece potrebbe trarre dal soddisfacimento nuova linfa vitale. Una speranza, ad esempio, di prendere un buon voto all'esame, se si realizza, potrebbe donare ulteriori energie nel praparare il successivo, alimentando un'altra speranza. In questo caso non è una speranza sola, ma è come se subisse dei punti di stacco, di scissione, come se cambiasse i connotati qualitativi.


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